Perché Teheran non intende rispondere alle provocazioni di Israele

Negli ultimi mesi, il Medio Oriente è stato testimone di una serie di provocazioni da parte di Israele nei confronti dell’Iran. Queste sono culminate nell’assassinio del leader di Hamas, Ismail Haniyeh, avvenuto a luglio a Teheran. Nonostante la gravità dell’evento e la promessa di una “dura punizione” da parte di Teheran, la tanto attesa risposta iraniana non si è ancora materializzata. Questo ha sollevato numerosi interrogativi: perché l’Iran, una nazione con un rinnovato spessore regionale, non ha ancora reagito con forza a un atto che molti considerano una chiara violazione della sua sovranità? La risposta si trova in una combinazione complessa di motivazioni strategiche, militari e politiche che riflettono la delicatezza del momento e l’approccio calcolato di Teheran.

Le ragioni dietro la cautela Iraniana

Uno dei motivi principali per cui l’Iran ha scelto di non rispondere immediatamente risiede nella sua volontà di evitare una guerra regionale su vasta scala. Come ha spiegato il neo presidente iraniano Masoud Pezeshkian in una conferenza stampa, Israele sembra avere cercato deliberatamente di trascinare Teheran in un conflitto regionale, utilizzando l’assassinio di Haniyeh come pretesto. L’Iran, consapevole di questa tattica, ha finora mostrato moderazione, preferendo non cadere in quella che vede come una trappola tesa da Tel Aviv per destabilizzare ulteriormente il Medio Oriente. Pezeshkian ha ribadito che, nonostante l’Iran mantenga il diritto di difendersi, qualsiasi azione verrà presa in modo “specifico” e “al momento opportuno”.

Questa strategia di attesa non è casuale, ma è frutto di una profonda riflessione all’interno delle alte sfere del potere iraniano. Le Guardie Rivoluzionarie Iraniane (IRGC) hanno dichiarato apertamente che il tempo è dalla parte dell’Iran e che la risposta potrebbe arrivare solo dopo un lungo periodo di attesa. Questa posizione, apparentemente contraddittoria rispetto alla retorica della vendetta immediata, principalmente alimentata e forse sperata dai media occidentali, sottolinea l’intento di Teheran di preparare una risposta calcolata e precisa, evitando di ripetere errori del passato, come dimostrato in conflitti precedenti. In un contesto di tensioni altissime, l’Iran deve tenere conto non solo con Israele, ma anche del sicuro coinvolgimento degli Stati Uniti, pronti a intervenire a difesa del loro alleato storico. Successivamente all’attentato ad Haniyeh gli USA hanno iniziato a spostare le proprie forze in via preventiva nel Medio Oriente.

Un altro fattore cruciale è la lezione storica che l’Iran ha appreso dalla devastante guerra con l’Iraq, durata otto anni e che ha lasciato profonde cicatrici nel paese. Quel conflitto, scatenato nel 1980, ha insegnato alla leadership iraniana che un’altra guerra su vasta scala sarebbe un disastro economico e sociale, che potrebbe mettere in pericolo la stabilità interna del paese. Da allora, la politica di Teheran è stata guidata da un unico obiettivo: evitare a tutti i costi un nuovo conflitto di quella portata. Questo retaggio si riflette nella strategia attuale dell’Iran, che ha scelto di puntare su una “pazienza strategica”, o “pazienza del ragno” che prediligo, piuttosto che su un confronto diretto e immediato.

Gli obbiettivi di medio-lungo periodo dell’Iran

La pazienza del ragno Iraniana ha tre obbiettivi chiari dal mio punto di vista.

Il primo è quello di tenere Israele sotto pressione costante facendo aleggiare il continuo spettro di un probabile attacco imminente. Su questo i media occidentali stanno paradossalmente aiutando l’Iran piuttosto che Israele nonostante si possa ritenere che Netanyahu tragga giovamento dal poter rafforzare il suo storico alibi dell’attacco preventivo contro l’Iran. Israele e Netanyahu devono affrontare una moltitudine di criticità interne:

  1. Stallo completo a Gaza dove oltre a non aver scalfito Hamas non hanno scoraggiato la popolazione Palestinese che non ha abbandonato la propria terra e la propria leadership politica
  2. Non hanno liberato gli ostaggi con conseguente protesta continua da parte dei familiari delle vittime e della maggioranza dell’opinione pubblica
  3. Problema dei coloni sfollati a nord
  4. Problema militare dove l’IDF sta affrontando la guerra più lunga della sua storia. Il continuo essere sotto pressione sta logorando profondamente il personale militare. L’ex Generale israeliano Yitzhak Brik ha dichiarato che Israele potrebbe “collassare nel giro di un anno” se il conflitto con Hamas ed Hezbollah non si fermerà
  5. Il porto israeliano di Eliat ha dichiarato la bancarotta a causa della situazione degli attacchi degli Houti yemeniti nel Mar Rosso

Il secondo obiettivo è geopolitico e geostrategico. Gli ultimi anni hanno visto il crearsi di nuove entità geopolitiche come i BRICS che vedono il sud globale allearsi alla ricerca del multipolarismo come nuovo equilibrio mondiale. L’ Iran fa parte dei BRICS+ e della SCO (Shangai Cooperation Organization) oltre ad essere un dei membri dell’asse della resistenza.

    La presidenza Pezeshkian ha mostrato apertura al dialogo con l’occidente per provare a creare una crepa nel solido muro fatto di sanzioni che hanno azzoppato la propria economia. Al contempo però non ha alzato il piede dall’acceleratore mantenendo una velocità costante e decisa verso l’integrazione con Russia, Cina, India e gli altri paesi nel cosiddetto sud globale.

    Il terzo obbiettivo (non dichiarato, mia opinione personale) è quello di arrivare ad ottenere l’arma che per eccellenza fa da deterrente a livello mondiale: la bomba atomica.

    L’intelligenza strategica iraniana non fa mai un passo senza averlo prima ponderato e poi inserito in un preciso percorso che porta ad uno specifico obbiettivo. L’Iran aveva sottoscritto l’accordo JCPOA che prevedeva di arricchire uranio fino al 3.67% e di non stoccarne oltre 300 Kg. Successivamente all’uccisione da parte USA del Generale Soleimani, l’Iran ha dapprima sospeso il proprio commitment verso l’accordo e successivamente ha iniziato ad accumulare uranio con annesso incremento del processo di arricchimento. La dottrina nucleare iraniana non è stata variata ufficialmente e quindi il target resta quello di ottenere il nucleare civile. Tuttavia è logico ed ovvio pensare che il passaggio tra civile e nucleare è rapido.

    L’Iran deve rafforzarsi internamente per potersi giocare al meglio le propria partita sullo scacchiere internazionale. Il tempo è dalla parte dell’Iran e non dalla parte di Israele. Da una parte abbiamo il ragno che tesse con calma e dovizia di particolare la propria tela. Dall’altra abbiamo un cane rabbioso che abbaia e morde chiunque abbia a tiro, sempre più stanco e privo di lucidità.

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